martedì 9 maggio 2023

Il film mai fatto



Taccuino
Valige
Una generale riscoperta di alcuni aspetti della Commedia dell’Arte, riscontrabile negli anni Venti del Novecento, ha condotto a reinterpretazioni in chiave moderna di alcuni personaggi come Pulcinella, diffuso a metà Ottocento in vari paesi con varianti e nomi locali: in Francia diventa Polichinelle, in Spagna Don Cristòbal Pulichinela, in Inghilterra Mr. Punch, in Germania e Austria Kasperl, in Russia Petruška, introdotto con il suo teatrino ambulante nelle fiere di carnevale. In questo contesto tra folklore, cubismo, futurismo e costruttivismo i personaggi della Commedia dell’Arte divengono soggetti per il teatro di figura, marionette, personaggi dei balletti, progetti di film di animazione. La fortuna di Pulcinella si manifesta principalmente attraverso il recupero del folklore popolare nella Parigi degli espatriati e delle avanguardie. Negli stessi anni in cui, a Parigi, Sergei Djagilev con Aleksandre Benois, Igor Stravinsky e il coreografo Michail Fokin fa di Petruška uno degli spettacoli più straordinari dei Ballets Russes, incontro dissonante e dissacrante fra folklore e modernità, nella società russa si sviluppa un contrasto fra il vecchio e il nuovo che di lì a poco, proprio nella Parigi degli espatriati, darà vigore al teatro di figura, ai balletti e agli spettacoli di marionette. Tra il 1915-1916 a San Pietroburgo, con la mostra "0.10" nasce il Suprematismo di Malevič e contemporaneamente un Teatro di marionette per adulti concepito da Yulia Slonimskaia e da suo marito Pavel Sazonov. A Mosca in quello stesso anno Nina Simonovič-Efimova (1877-1948) metta in piedi il suo primo spettacolo di burattini, l'inizio di una lunga carriera professionale di marionettista e di teorica delle marionette. Olga Glebova (1885-1945) emigra nel 1924 portando con se tutto il suo mondo: un'intera valigia di ricami, statuine di ceramica, bambole e marionette che le sarebbero serviti per sopravvivere prima a Berlino e poi a Parigi. I temi delle sue marionette sono quelli canonici: il Pierrot, la Colombina, la danza popolare russa come lo erano i materiali: stoffa, filo, ovatta, cartapesta. Due strade apparentemente inconciliabili: il suprematismo e la moda delle marionette si innesta nella Parigi degli anni Venti viaggiando nelle valigie degli emigranti e producendo interessanti sviluppi. Nel dicembre del 1924 anche i Sazonov  emigrano e riaprono a Parigi il loro Teatro di marionette presso il Théâtre du Vieus Colombier. Natalija Gončarova, Michal Larionov, Nicolaj Milioti e altri artisti russi vi lavorano. Tra le artiste di questo gruppo di espatriati che realizzano costumi e marionette c’è Alexandra Exter.





Alexandra Exter (1882-1949) nasce a Belostok (Polonia) e frequenta come libera auditrice l’istituto d’arte di Kiev. Nel 1907 frequenta l’atelier del ritrattista Charles Delval Parigi. Tra il 1908 e il 1914 viaggia spesso, vive a Mosca, San Pietroburgo, Kiev e a Parigi ha l’occasione di avvicinarsi all’ambiente cubista, conosce Picasso, Braque, Apollinaire e Jacobs, in Italia conosce Soffici, Papini e Marinetti. Fra il 1915 e il 1917 è di nuovo in Russia e sotto l’influenza di Tatlin e Malevic si avvicina al costruttivismo. Nel 1916 realizza gli affreschi per il vestibolo, il foyer, il sipario e le quinte del boccascena per il Teatro da camera di Mosca di Aleksandr Tairov. Nello stesso anno Tairov gli commissiona scenografie e costumi per Tamira il citaredo 1916, nel 1917 Salomé e nel 1921 Giulietta e Romeo. Nel 1923 lavora anche nel campo della moda, per la rivista Atelier. Molto importante per gli sviluppi futuri di alcune marionette, è la collaborazione, nel 1924, con il regista Jakov Protazanov, per il quale progetta i costumi marziani per il film Aelita.


Taccuino
Robottoni
Le marionette che la Gončarova realizza per la performance Festa popolare su libretto di Larionov, sono in realtà bambole in movimento i cui costumi ricordano i suoi costumi teatrali per i Ballets Russes di Djagilev. Alexandra Exeter pare andare in tutt’altra direzione. Quando ho visto la foto di uno dei costumi marziani realizzato nel 1924, per il film Aelita di Jakov Protazanov, ho pensato a quanto la fusione tra costruttivismo, futurismo, scienza e fantascienza si stesse formando nella visione di artisti molto differenti e provenienti da realtà eterogenee. Il guardiano realizzato per Aelita ricorda i robot dalle fattezze umanoide dei manga giapponesi, anch’essi miscela tra letteratura e futurismo, anticipazione di una tecnologia che proprio in Giappone sarebbe esplosa nel culto di un progresso febbrile: il primo robot rappresentato in un manga è il gigante di fattezze umanoidi  Tanku Tankurō del 1934, segue nel 1956 Tetsujin 28, fino ai contemporanei Mazinga Z del 1972, Goldrake e tutti i suoi fratelli.

 



Nel 1924
Alexandra Exter si stabilisce definitivamente a Parigi e insegna alla Académie Moderne di Fernand Léger. Ufficialmente è in viaggio per partecipare a
l Padiglione Sovietico della XIV Biennale di Venezia e all'Exposition Internationale Arts Décoratifs, ma non rientrerà più in Russia. Da questo momento tra i suoi progetti domina il lavoro sulle marionette e gli studi sul movimento nello spazio applicato a quelli che fin ora sono stati manichini per abiti di scena e costumi teatrali.
Exter riversa sulle marionette tutto il suo incredibile bagaglio di esperienze artistiche passate a partire proprio dai costumi e le scenografie realizzate con il Teatro di Tairov, negli anni Dieci. Tairov utilizzava modelli tridimensionali per i costumi teatrali e gli artisti suoi collaboratori preparavano per gli spettacoli accuratissime maquette: scenografie in miniatura dove addirittura i modellini di attori o danzatori erano colti nei loro movimenti e gesti come in un teatrino di marionette. Negli archivi di Exter a Parigi si trova la scenografia per Salomé del 1917, in questa maquette è piuttosto evidente quanto i personaggi così realizzati siano già delle marionette, ma questo non basta perché possano esprimere in modo autonomo il movimento. La vera novità a cui aspira, rispetto ai modelli tridimensionali di costumi, è il movimento di oggetti plastici tridimensionali che incominciano a muoversi quasi spontaneamente. C’è nell’ossessione di Alexandra una sorta di desiderio di film animato, di qualcosa che superi il limite del teatro di marionette. Exter, già nel 1921, ha cercato di mettere in pratica l’idea del movimento  per una scenografia teatrale realizzata con sculture non oggettive rotanti. Ma è la collaborazione, nel 1924, con Protazanov, per i costumi marziani, a rappresentare un ulteriore passo in avanti. Il modellino del costume per Aelita, oggi a Canberra presso la National Gallery of Australia, sebbene dimezzato nelle proporzioni rispetto alle marionette che progetterà nel 1926, ci fa capire come per Exter il lavoro con le marionette fosse profondamente legato alle sue ricerche plastiche sul movimento.




Finalmente, nel 1926, arriva l’occasione per un film d’animazione, il progetto è del regista danese Urban Peter Gad. Per questo progetto Exter disegna quaranta marionette, non è chiaro quante ne siano state effettivamente realizzate, forse sedici, sappiamo che sono suddivise in due modelli: marionette della Commedia dell'arte e marionette moderne. Nechama Szmuszkowicz, allieva della Exter, scultrice burattinaia, traduce mirabilmente i disegni in figure tridimensionali mobili: utilizza soprattutto materiali di uso quotidiano, rende mobili le articolazioni utilizzando sfere e connessioni tessili così da ottenere marionette come sculture in movimento. Il film purtroppo non verrà mai realizzato. Rimangono i progetti e le marionette.
L’azione si sarebbe dovuta svolgere alternativamente in una Venezia immaginaria del XVII secolo e nella futuristica New York degli anni Venti e rappresentare il confronto fra due mondi: quello della nostalgia delle maschere veneziane e quello cubo-futurista di New York, dove il vento trasportava Pulcinella e Colombina dopo un breve litigio. Qui Pulcinella cercava di rubare dei gioielli per Colombina, ma veniva arrestato da un poliziotto americano. E alla fine, in un gran carnevale, le marionette moderne nelle sembianze di uomini meccanici si mescolavano alle maschere tradizionali. Osservando Arlecchino nero con la sua strana gamba a campiture geometriche o Pulcinella dal volto livido azzurrino e il torso cilindrico, decorato in rosso e bianco, notiamo che sono figure a cavallo tra due concezioni estetiche: tra la nostalgia del simbolismo e il nuovo mondo robotico suprematista. Questa visione ibrida tra simbolismo e suprematismo è molto ben espressa negli Arlecchini dedicati ai diversi colori (Arlecchino nero, Arlecchino grigio e Arlecchino bianco) che rispecchiano i diversi sentimenti della città lagunare. Queste figure sono denominate i "Longhi" per via dalle maschere facciali nere, come quelle che troviamo nelle scene carnevalesche del pittore veneziano Pietro Longhi, delle quali sono un’interpretazione assai personale. Se nelle marionette ispirate alla commedia dell’arte, abitanti della fantastica Venezia del XVII secolo Exter conserva un’atmosfera brumosa, in quelle della New York degli anni Venti prevale il macchinismo futurista: c’è l'uomo-sandwich, l’uomo-réclame, il Robot. L’utilizzo di materiali industriali di scarto, i frammenti della realtà, l’uso di manifesti pubblicitari è evidente nella struttura dell’uomo-sandwich che ha una gamba realizzata con un frammento di scatola di latte condensato e incorpora in varie parti anatomiche i frammenti dell'annuncio della mostra della stessa Exter presso lo Steinway Building di New York di quell'anno (27 febbraio- 15 marzo). Un inno alla modernità metropolitana, la lezione del suprematismo prima, del cubismo e del futurismo è perfettamente assorbita nella plastica di queste marionette, realizzate con gli scarti della società moderna, della pubblicità e dei residui di materiale industriale di provenienza eterogenea e misteriosa.

Taccuino
Meccanica
Il motivo delle macchine artificiali dotate di sembianze antropomorfe e di intelligenza è presente nel teatro e nel cinema sin da quando viene messo in scena un dramma distopico fantascientifico in tre atti dal titolo I Robot Universali di Rossum, tratto dal romanzo dello stesso autore, lo scrittore ceco Karel Čapek. Pubblicato nel 1920, il dramma è messo in scena al teatro nazionale di Praga nel 1921, nel 1938 viene realizzata una riduzione cinematografica dal titolo R.U.R. che a sua volta influenzerà altri film di fantascienza. Čapek ha sicuramente influenzato Friz Lang per il suo capolavoro Metropolis del 1927.
Quando nel 1929 Metropolis viene distribuito in Giappone l’impatto sulla narrativa fantascientifica e sulla scienza stessa è straordinario. Ispirerà inspiegabilmente i lavori di alcuni scienziati che di lì a poco progetteranno i primi robot: nel 1928, il biologo Makoto Nishimura progetta una sorta di enorme Buddha di metallo dorato di nome Gakutensoku, qualche anno dopo, nel 1932, Yasutaro Mitsui realizza un altro robot dall’aspetto più meccanico. Fantasia, arte, scienza e fantascienza si mischiano, ciò che appare è sempre un’attrazione fortissima per l’automa: dalla bambola meccanica alla marionetta fino al robot vero e proprio.

ARC


I principali riferimenti per questo testo sono i seguenti libri:

Lea Vergine, L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940: pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche, Il Saggiatore, 2005

AA. VV. Automi, marionette e ballerine nel teatro di avanguardia: Depero, Taeuber-Arp, Exter, Schlemmer, Morach, Schmidt, Nikolais, Cunningham, Skira editore Milano, 2000

Jacopo Nacci, Guida ai super robot. L’animazione robotica giapponese dal 1972 al 1980, edito da Odoya

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