
Lucy Schwob scrittrice, filosofa drammaturga, che in tutta la sua vita non
ha mai smesso di interrogarsi sulla propria identità e di agire su di essa, cambia nome. Detto così, non sembra un fatto eccezionale, lo aveva fatto già moltissime volte durante la sua attività di scrittrice e giornalista, aveva utilizzato
pseudonimi ironici, rivoluzionari e scomodi come Claude Courlis, Alfred Douglas. Sembrerebbe un vezzo come un altro. Nata
a Nantes come Lucy Schwob, il 25 ottobre 1894 da una famiglia di intellettuali, scrittori,
giornalisti di origine ebraica, a partire dal 1917 si farà chiamare definitivamente Claude
Cahun. E' il primo di tante sperimentazioni e mascheramenti. Claude è un nome che in francese è sospeso tra il genere maschile e
quello femminile. Il cognome al contrario è
un vero “affare di famiglia”, scegliendo Cahun rafforza le sue origini ebraiche
acquisendo il cognome della nonna paterna. Cahun è una forma francese di Cohen,
che indica un’evidente appartenenza alla classe rabbinica. Non è solo il nome
ad essere oggetto di verifiche e dissimulazioni, il suo stesso corpo fisico è già fin dai
vent'anni oggetto di sperimentazioni e mascheramenti attraverso l’utilizzo
costante dell’autoritratto utilizzato fino agli ultimi anni di vita, nel 1954. Già attorno al
1919 si rade i capelli, le ciglia e le sopracciglia a zero, poi negli anni
colorerà quegli stessi capelli di rosa, d'oro, d'argento. Si vestirà in modo
stravagante o provocatoriamente maschile, ostenterà il monocolo che è un
simbolo lesbico di primo Novecento, si colorerà le labbra e le guance come un
clown, disegnerà sulla maglietta, assieme alla frase scherzosa I am in training don't kiss me, due
cerchietti in corrispondenza dei seni. Attraverso un processo di
costruzione di sé riassume origini e famiglia e, allo stesso tempo
si dichiara come appartenente ad una specie di indefinito terzo sesso. L’idea del neutro è dichiarata nel messaggio appeso al piccolo letto dell’opera di oggetti cosiddetti "a funzionamento simbolico" Un Air de Famille esposta nel 1936, scrive:<<Maschile? Femminile? […] Neutro è il solo genere che fa per me>> [1].
Ancora studentessa alla Sorbone, nel 1919, ha i
primi contatti con Luis Aragon, André Breton, Philipe Soupault futuri
protagonisti del Surrealismo. Viene invitata a partecipare alla rivista
“Littérature”. Negli anni venti è stabile a Parigi, frequenta l’ambiente
artistico post Dada. Ha ospitato nel suo studio durante piccole mostre, cene o
incontri, alcune delle personalità di spicco della vita intellettuale, tra cui
Henri Michaux, Robert Desnos, André Breton, Tristan Tzara, Georges Bataille,
Man Ray o René Crevel. Ha preso parte attiva alle grandi cause del suo tempo: l'emancipazione
dei costumi, la rivoluzione sociale, la sovversione poetica o la lotta contro
Nazismo. Nel 1937 lascia Parigi per trasferirsi con la sua compagna Marcel
Moore nell’isola di Jersey. Nel 1944 la Gestapo arresterà lei e Marcel, a
questo evento drammatico già di suo, seguirà il saccheggio della sua casa e la gran
parte dei suoi archivi e delle sue opere fotografiche andrà distrutta.[2] Claude Cahun e Marcel
Moore furono messe in carcere dal 25 luglio 1944 all’8 maggio 1945 e,
condannate a morte. Dopo la Liberazione presero in considerazione l’idea di
tornare a Parigi, ma le condizioni precarie di salute di Claude lo impedirono.
Morì 8 dicembre 1954, Marcel si tolse la vita il 19 febbraio 1972. La collezione (504 tra autoritratti, ritratti, fotomontaggi e foto di assemblage) oggetti, manoscritti,
disegni che Claude aveva lasciato a Marcel appartengono oggi al Jersey Heritage
Trust.[3]

A lungo ignorato, il lavoro
fotografico di Claude Cahun ha beneficiato negli ultimi anni di un'accoglienza
notevole. E’ rimasta pressoché sconosciuta fino al 1985, quando alcune sue immagini
vengono incluse in due mostre sul Surrealismo: L'amour fou. Photography and Surrealism alla Corcoran Gallery of
Art di Washington e Explosante Fixe
Photographic and Surrealisme al Centre Georges Pompidou di Parigi. In Celibi, Rosalind Krauss ricorda che i
recensori americani di L'Amour Fou: Surrealism and Photography pensarono fosse
un uomo[4],
e anche le più complete antologie dedicate alla partecipazione femminile al
Surrealismo non la considerarono affatto. Nel 1992, François Leperlier pubblica
Claude Cahun, L'écart et la métamorphose che apre finalmente la strada a molte
pubblicazioni e mostre sul suo lavoro: nel 1994 all’ICA di Londra, nel 1995 al
Museum of Modern Art di Parigi, nel 1997 al Ginza Artspace di Tokyo e Munich
Pinakothek.[5] Un altro merito da
tributare a François Leperlier, nella riscoperta dell'opera di Cahun, è quello
di aver pubblicato l'inedito scritto autobiografico Confidences au miroir, elaborato tra 1945 e 1946 dopo la traumatica
esperienza della prigionia.[6]
L'influenza del background surrealista sulla
fotografia di Cahun è evidente. Molti dei suoi lavori rivelano chiari debiti
con le tematiche del doppio e del mimetismo, con il fascino della maschera e
dello specchio, con l'androginia e l'inversione ma in particolare con le teorie
sull'informe. Per lo studioso francese Leperlier la metamorfosi del sé, da cui
Cahun è così attratta, è ben evidente anche nell'ostentato eclettismo e
nell'affannosa ricerca che manifesta a più riprese come poetessa, saggista,
critico letterario, novellista traduttrice, attrice di teatro, costruttrice ed
esploratrice di oggetti, attivista rivoluzionaria, tutto va sperimentato come
territorio affermazione e riconoscimento della propria identità ma è la sua originalissima attività
fotografica quella che invece appare oggi veramente innovatrice e anticipatrice
della poetica e della ricerca estetica di artisti anche molto recenti.[7]
A diciassette anni
Claude avverte che la macchina fotografica è come un'arma incredibile, lo strumento che certificherà quale strana creatura in evoluzione, dalle
caratteristiche incerte e ibride, lei sia. Per quasi quarant'anni, Claude Cahun ha praticato l'autoritratto, la vera costante della sua vita, una forma di verifica quotidiana. Privilegiando la messa in scena di
se stessi (autoritratto), degli altri (ritratto), delle cose (pitture
fotografiche) e dei segni (fotomontaggi), pone la fotografia al servizio di
un'esperienza intima, esistenziale e poetica, le cui motivazioni sono
ampiamente spiegate nell'opera letteraria e che mira a destabilizzare la percezione
del reale, per affermare la sovranità dell'immaginario. Mai prima di lei, nella
storia della fotografia, l'interrogarsi sull'identità, ha
assunto una tale intensità. Attraverso il travestimento, il gioco delle
maschere o lo spogliarello, non smetterà di distribuire i ruoli,
moltiplicando le immagini di sé fino a raggiungere i limiti di questa
"indefinitezza" sessuale che sognava di fare di sé un terzo genere.
I primi fotomontaggi sono del 1927-28, vengono realizzati rielaborando materiale fotografico
autobiografico, e a partire dal 1937 diventa uno strumento di polemica e di
contropropaganda. Succede quando, avvertendo già la pressone del regime
nazista, Claude e la sua compagna Marcel Moore si ritirano nell'isola
di Jersey presso la dimora detta La
Rocquaise. Jersey era stata meta di vacanze fin da quando erano ragazzine.
Negli anni di Jersey la tecnica del fotomontaggio acquisirà una matrice
politica di denuncia sociale. Affiggevano o distribuivano clandestinamente nel
paese messaggi anonimi, nei quali invitavano i soldati del Reich
all'ammutinamento (Marcel conosceva piuttosto bene il tedesco). Seguendo in questo le orme dei dadaisti berlinesi e
soprattutto di John Heartfield, del quale nel 1935 avevano potuto vedere i
lavori esposti Parigi.
Ad eccezione delle ventidue fotografie che nel 1937 illustreranno
la raccolta di poesie di Lise Deharme dal titolo Coeur de Pic con una prefazione di Paul Eluard; un solo
autoritratto del 1929 uscito per la rivista "Bifur" (n.5 dell’aprile
1930); dieci fotomontaggi realizzati assieme a Marcel Moore, pubblicati in Aveux
non avenus una raccolta autobiografica di dialoghi, aforismi, e scritti di varia natura, edita nel 1930; il doppio autoritratto Que me veux-tu? del 1928 che fu preso a
modello per la copertina di Frontières Humaines di George Ribemont-Dessaignes,
tutta la sua produzione fotografica è pensata come un'espressione individuale e
non destinata al pubblico. Centinaia di autoritratti e fotomontaggi vari
resteranno praticamente sconosciuti. Questa mole di scatti è realizzata quasi
interamente con una Kodak Pocket Camera e alcuni considerati autoritratti sono stati realizzati probabilmente da Marcel Moore. La scelta di non aggiornarsi
tecnologicamente ha fatto sì che alcuni ritenessero che il suo lavoro non potesse essere
equiparabile a quello "di un fotografo nel senso veramente
professionale" del termine, Dora Maar ha detto di lei <<Non era una
mia amica, era una filosofa e non una fotografa>>[8]. Dice Muzzarelli a conclusione del saggio su Cahun ne Il corpo e l'azione "L'immediatezza, il valore intensamente concettuale con cui vengono realizzati
gli autoritratti, non ha nessun bisogno di migliorie in fatto di apparecchi e
strumentazioni varie. La piccola Kodak le serve da trampolino di lancio per
l'immaginario, la realizzazione di una fotografia "bella" o meglio
organizzata visivamente sono problemi che mette assolutamente in secondo piano.[9]
ARC
I principali riferimenti per questo testo sono i seguenti libri:
Federica Muzzarelli, Il corpo e l’azione. Donne e fotografia tra otto e novecento, Atlante, Bologna, 2007
François Leperlier, “L’oeil en scène” introduzione a Claude Cahun, Photo Poche, Acted Sud, 2011
Rosalind Krauss, Celibi, Codice, Torino, 2004
Silvia Mazzucchelli, Oltre lo specchio. Claude Cahun e la pulsione fotografica, Johan & Levi editore, 2013
[1] L’opera parteciperà a due esposizioni d'arte collettive del gruppo surrealista: a Londra nella "Exposition internationale du Surréalisme" e a Parigi presso la Charles Ratton Gallery cit., Silvia Mazzucchelli, Oltre lo specchio. Claude Cahun e la pulsione fotografica,
Johan & Levi editore, 2013
[4] R.
Krauss, Celibi, Codice, Torino, 2004, p.26
Bel l’articolo complimenti
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